La nostra storia
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Il ghiacciolo "Lo Stramondiale" viene prodotto dal lontano 1951: siamo alla terza generazione.
L'arte di assaporare un ghiacciolo Conti
Il ghiacciolo Conti è una fredda opera d'arte culinaria, la più umile, la più ardita, che si
consuma nel silenzio di un'ombra, di una panchina o di una sera, d'estate o primavera.
Il ghiacciolo si compra da chi lo vende a meno, non per arida economia ma per simbolico
ricordo di quando si contavano le lire per acquistarlo al bar o alla latteria.
E mancavano sempre 5 lire.
Il ghiacciolo non è un gelato e non è una bevanda. E' un sollievo ghiacciato di liquido solido,
dolcemente colorato.
I ghiaccioli non si definiscono col gusto. E' il colore che ne rappresenta l'essenza: verde, per
esempio, è la menta.
Il ghiacciolo non si mangia, si assapora
Succhiarlo è un delitto, leccarlo è un diletto.
Puoi dargli un piccolo morso, una specie di duro sorso ma poi devi scioglierlo in bocca, da li
non si scappa.
Proviamo a sceglierne uno: un colore ciascuno. Non un gusto, ma un'idea di profumo.
Intanto impariamo ad aprirlo: un piccolo strappo in fondo, vicino allo stecco di legno, poi
soffiamo dentro al sacchetto per non lasciarlo appiccicato a se stesso e strapparne a brandelli
la carta come fosse carne gelata. Gonfiamolo un poco e si aprirà a guisa di baccello,
mostrandosi dal lato più bello: il lato novello, ghiacciato, un ghiacciolo pronto per spiccare il
volo in palato.
Una volta aperto, giriamo lo stecco di 360 gradi e guardiamo il freddo migrare nell' aere in
spire di freddo fumo. Stiamo ben attenti a non succhiarne il succo, sarebbe come rubargli
l'anima, farlo secco. Scaldiamolo un poco in punta, per evitare di spaccarci un dente col primo
morso, che morso non sarà. Pensiamolo invece come un tenero colpetto di dente e di
languida lingua che accoglierà il primo boccone gelato come fosse un lento e succoso frutto
congelato. Adesso il ghiacciolo è spezzato, ne esce un brivido dolce che placa l'arsura, la
calura e allontana la sete per qualche eterno minuto. Ripetuto e perduto.
Pareggiamo la cima rotonda e trasformiamolo in un parallelepipedo steccato e poi via via
mordicchiamolo fino all'osso, lo stecco vertebrale che lo anima e lo sostiene sino a quando,
sbranatane la polpa di cristallo, ci rimane un legnoso reperto da conservare un pochino,
guardandolo come triste epifania, circondato dal nulla che prima era acqua animata, non solo
ghiacciata e sciroppata, scivolare via nel cestino dell'amnesia.
Lo resusciteremo nella nostra fantasia e ricomparirà con i suoi simili in qualche frigorifero di
periferia a darci un po' di sollievo e sapida allegria.
Capiremo solo allora che l'infanzia è andata via ma ci ha dato in cambio, almeno, una reale e
fresca regalia: il ghiacciolo Conti, una vera leccornia.